da venerdì 15 a domenica 17 febbraio 2019
venerdì e sabato: ore 21.00; domenica: ore 18.00


tratto da Otello di William Shakespeare
di e con Marco Sanna, Francesca Ventriglia
produzione Meridiano Zero

Ultimo capitolo per B-tragedies trilogia shakespeariana trash, che questa volta si confronta con Otello. La formula, come nei due precedenti capitoli che hanno affrontato Macbeth e Amleto, è quella di far reagire fra loro il linguaggio alto di Shakespeare con forme espressive molto più basse: il karaoke, con la stampa scandalistica, con le barzellette sporche, con le parolacce, con le squallide battute, con la volgarità di ogni giorno, con i soldi, con il gratta e vinci, con la tivù, con le merendine e con i villaggi turistici, con i selfie, con gli strass e le paillettes, con i cocktail colorati, con i balli di gruppo, con la tristezza della volgarità, con la volgare tristezza.

Questo è un omaggio alla spazzatura di ogni giorno, alla bassa fedeltà, alla confusione nella quale viviamo, al tradimento di ogni tradizione tradita e subita, ad ogni inutile umana speranza, alla stupidità di ogni gesto ogni parola ogni movimento a cui non ci si abitua mai. Siamo a Cipro e non succede nulla. Sono lontani i tempi quando i Turchi assediavano le coste, quando si poteva almeno menar le mani. Non è rimasto nulla neanche una fortezza da difendere. Solo la noia di chi sa di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Solo i fantasmi che pian piano s’impossessano delle nostre vite, si mescolano alle nostre vicende personali. Cipro è la metafora dell’agognato luogo di residenza, quello in cui passare un breve o lungo periodo di “studio”, concentrazione, isolamento dalle distrazioni quotidiane. In scena due attori senza fantasia e senza talento, ma con un desiderio disperato di ambedue le cose. Sono artisti mediocri, che per una vita intera hanno trascinato la loro pochezza sui palcoscenici, non così fortunati da vivere la loro condizione nella totale inconsapevolezza, ma al contrario in una sorta di depressione perenne, contagiosa, ma non mortale, una febbre sottile che li accompagna in uno stato di debolezza cronica. Fra i tavolini vuoti e gli ombrelloni divelti, due anime sole e ignoranti, svuotate di ogni consapevolezza, rifiutano esse stesse di voler sapere o conoscere i motivi per i quali si trovano ad agire su un palcoscenico costretti a recitare un inutile Otello, tema obbligatorio dell’ennesimo inutile bando. Questa è la parodia del bel teatro, il buon teatro, quello con la trama narrativa, quello dei testi sacri, quello che accusa un vuoto di contenuti negli altri, sempre negli altri, quello che non si guarda allo specchio, incapace di vedere le proprie rughe.