da giovedì 30 novembre a domenica 3 dicembre 2017
ore 21.00 (dal giovedì al sabato); ore 18.00 (domenica)
durata:


scritto e diretto da Massimo Maraviglia
con Giulia De Pascale, Massimo Finelli, Daniele Sannino, Giovanni Scotti
grafica e scene Luca Serafino
costumi Patrizia Baldissara
musiche Canio Fidanza, Massimo Maraviglia
assistenete alla regia Aldo Verde
produzione Asylum Anteatro ai Vergini

Strafàust è una scrittura originale che trova le sue radici ideative in quello che Jan Watt definisce in un suo noto saggio, uno dei miti dell’individualismo moderno: Faust. Più specificamente, il testo assorbe la sostanza narrativa dall’omonima opera di Goethe e, in piccole parti, anche da quella omonima di Marlowe, dal Doctor Faustus di Mann e da Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Strafàust, insomma, è l’erede degenere dei Faust che l’hanno preceduto. A differenza dei suoi predecessori, però, Strafàust ha già ottenuto e posseduto tutto, nulla più ha da rivendicare o da desiderare, nessun patto, nessun limite di tempo, nessuna condizione argina la sua infinita possibilità. Cosa accade allora quando nessun desiderio, nessun vincolo o necessità supporta una scelta? Questo è il principio tragicomico di Strafàust (che è un Faust strafatto, stracco, straniato, stramazzato, strabuzzante, stramorto, straniero persino a se stesso), che vaga anestetizzato nell’assenza di orizzonti, condannato a marcire in un’eternità venuta male, immobile e indifferenziata, conseguenza di un abuso di elisir di lunga vita tracannata a garganella. Inerte e immune rispetto a ogni forma di antinomia, privo d’ogni limite, possessore di una libertà incondizionata dunque ineffettuale, Strafàust si è trasformato in un asino di Buridano che – per giunta – non ha neanche fame. Dovrebbe soltanto morire, ma il tepore umidiccio dell’essere nel mondo e l’assenza di attrito con esso, lo hanno precipitato in una sorta di immoto perpetuo dal quale il pietoso e ridicolo Mefisto – con la sua complice Margherita – proverà a salvarlo, per liberare entrambi dal copione già scritto di cui sono prigionieri.